Chiacchierata con Simone Bruscia, parlando di Assalti al Cuore e Riccione Teatro
A novembre ci sarà il 52° Premio Riccione, premio tra i più prestigiosi per la drammaturgia italiana. Nel 2013 non c’è stata quella che avrebbe dovuto essere la 9^ edizione del festival di musica e letteratura Assalti al cuore. Dietro a queste due realtà così diverse, l’impronta del riminese Simone Bruscia. Preoccupati per questo anno di silenzio di Assalti, lo abbiamo incontrato a Villa Lodi Fè per farci raccontare dubbi, progetti, sensazioni e ricordi. Un’intervista all’insegna dell’incontro delle arti, con uno dei protagonisti del panorama culturale riminese di questi ultimi anni.
Partiamo dai fondamentali, per i nostri lettori che non lo conoscono: che cos’è “Assalti al cuore”?
Assalti al cuore, per utilizzare una definizione nata negli anni sessanta, nasce come un’“opera aperta”: “opera” perché dietro al pretesto di essere un festival, è soprattutto un progetto, un laboratorio, un’officina che ha fatto ricerca; “aperta” perché anche nascendo come festival di musica e letteratura ha cercato di superare il concetto di reading o di concerto per aprirsi alle interferenze tra tutti i codici artistici. Da subito si è posto l’obiettivo di aprirsi alle varie forme d’arte.
L’atteggiamento era innovativo: in una città come Rimini nel 2004 c’era un certo immobilismo, non c’era la capacità di pensare un modello davvero diverso.
Però con Rimini avete fatto grandi cose, anche coinvolgendo artisti locali a partire da Elio Pagliarani. Diciamo che avete cercato il nuovo, però non avete snobbato quello che c’era di buono.
Purtroppo i riminesi spesso sono i primi a non ricordarsi di Elio. Comunque sia, tutti i nostri autori, i nostri artisti che nascono qui, nel nostro territorio, cercano le loro possibilità di crescita rapportandosi con esperienze internazionali. Con Assalti, abbiamo cercato di creare possibilità di incontro e opportunità uniche. Nascono così progetti in cui interagiscono artisti locali con artisti della scena nazionale, come l’incontro tra Alda Merini e Dany Greggio, il reading-concerto con Massimo Zamboni e Daniele Maggioli. Mi piace ricordare i Non Voglio Che Clara che, con la loro musica indie, hanno sonorizzato il compleanno degli 80 anni di Elio Pagliarani, con Walter Pedullà, in un incontro quasi impensabile tra poesia e musica.
Molto dobbiamo a Mauro Ermanno Giovanardi, che è stato il nostro direttore nei primi due anni di festival e ha consentito di costruire questo modello.
Sul fronte della letteratura abbiamo anche cercato di promuovere la riscoperta di alcuni poeti, come Vittorio Reta, giovane poeta genovese morto suicida, che nel 1976 ha scritto un capolavoro d’avanguardia come Visas, in un’epoca dove la poesia di canone era quella rifugiata nell’ermetismo di Cucchi e De Angelis. Noi lo abbiamo interpretato con un intervento musicale di Stefano Scodanibbio, grande musicista purtroppo da poco scomparso, e l’artista riminese Isabella Bordoni. E ancora abbiamo ricordato Beppe Salvia con Marco Lodoli e i Virginiana Miller.
Nelle ultime edizioni vi siete rapportati con “La Notte Rosa”, un emblema del turismo della riviera. Come è stato l’incontro tra la vostra proposta, così mirata, e quella, diciamo così, generalista di questo grande evento. Sono due cose molto diverse, no? Magari un trampolino di lancio ma anche un rischio.
Io credo che sia stato quello che dovrebbe essere un progetto culturale serio, in un luogo come la nostra riviera. Assalti al cuore dentro La notte rosa ha bilanciato il binomio cultura-turismo, coniugando una proposta colta con la necessità di riservarla a un pubblico il più possibile ampio.
Abbiamo retto il colpo operando scelte senza compromessi al ribasso. Il pubblico è cresciuto, anche se, per esigenze di budget, ci siamo concentrati su due soli giorni di eventi, e non più su una settimana come agli inizi. Però siamo riusciti a costuire delle proposte uniche, come il lavoro su Ennio Flaiano, che abbiamo incrociato con gli Afterhours e con il grande Enrico Vaime: un cortocircuito meraviglioso. Ho ancora impresse le lacrime di Manuel Agnelli commosso davanti a una platea nuova, diversa da quella che solitamente frequenta i concerti degli Afterhours, un pubblico anche di una certa età, colto, interessato proprio alla figura di Flaiano.
Assalti ha lavorato su un nuovo immaginario di riviera. Senza patetismi, ma attraversando grandi autori: Federico Fellini, Fabrizio De André, Pier Vittorio Tondelli, Valerio Zurlini. Immaginari di cinema, letteratura, musica, arte: utilizzando questi grandi cronisti delle nostre terre, abbiamo cercato di rinnovarli, masticarli, riarrangiarli, per dare voce ai luoghi di Rimini. Per esempio alla Corte degli Agostiniani con un testo di Fabio Fiori, l’artista Claudio Ballestracci, il flautista Fabio Mina, il musicista Markus Stockhausen abbiamo costruito un concerto omaggio alla memoria storica della corderia di Viserba.
Grande amore quindi per la terra, la riviera, i suoi luoghi. E oggi? Che cosa è mancato per poter mandare avanti questo progetto? Non si è creata la giusta sinergia tra voi e le istituzioni coinvolte?
In tutti questi anni non abbiamo mai voluto forzare il progetto all’interno delle istituzioni, è sempre stato accolto con entusiasmo, ci hanno sempre creduto.
Probabilmente quest’anno c’è stato un concorso di cause, le tempistiche di lavoro non si sono incrociate tra noi e il Comune di Rimini.
Quindi questa è una pausa, un anno sabbatico?
Intanto posso dire che è importante che ci sia un ricambio nell’organizzazione. Assalti al Cuore è nato quando noi avevavmo 25 anni, oggi ne abbiamo 35, sono cambiate molte cose.
Voglio dirlo ai lettori del Bufalo: siamo un’associazione aperta, con un grande patrimonio di contatti costruito nel corso degli anni. Assalti è l’unico progetto di riferimento sulla letteratura nel territorio: Da Sanguineti a Pagliarani, a Benni, De Luca, Lodoli, il nostro Marco Missiroli: persona nuove devono farlo proprio e pensare coi nuovi amministratori il modo di farlo rifiorire.
Però non ci siamo fermati, abbiamo continuato a proporre piccoli appuntamenti “off”, come un incontro sulla critica letteraria, e allo Scalone vanvitelliano di Pesaro una mostra di Bertrand Sallé, artista francese nato con Assalti, che espone tutte le sue opere.
A settembre poi saremo a Parigi per curare il primo tour internazionale di Daniele Maggioli, con diverse date tra Francia e Belgio.
Tu sei anche direttore del Premio Riccione per il Teatro. A novembre ci sarà l’edizione 2013: ti rubo gli ultimi minuti per chiederti di anticiparci qualcosa.
Una dedica speciale andrà a Elio Pagliarani, che è scomparso lo scorso anno. Pochi mesi dopo la sua morte, con Teo Theardo e Sonia Bergamasco, abbiamo voluto omaggiarlo leggendo La ragazza carla.
A breve, la casa editrice Marsilio pubblicherà tutto il teatro di Elio Pagliarani e il volume verrà lanciato appositamente per il Premio Riccione, presentato con nomi importanti all’interno del Premio, sabato 2 novembre. Nel libro di cronache teatrali Il fiato dello spettatore c’è una citazione: “solo quando un buon letterato rovescia il gioco e alla tecnica arriva dall’interno della fantasia, solo allora trionfano in palcoscenico delle forme nuove”. Ecco, Dall’interno della fantasia è il titolo di questa edizione, ed è un titolo di Elio.
Poi, domenica 3 novembre ci sarà la premiazione al Palacongressi, e sarà una premiazione elegante come si conviene al premio di drammaturgia più importante d’Italia. Posso anticipare che questa edizione sancisce un’apertura verso la letteratura: c’è un nuovo giurato, lo scrittore Emanuele Trevi e hanno partecipato, tra gli altri, con un loro copione anche due grandi scrittori come Tiziano Scarpa e Edoardo Albinati. Un ritorno alla letteratura che è anche un ritorno alle origini del premio. E sempre parlando della storia del premio ci sarà una dedica inedita a Tondelli, in cui mostreremo le immagini dello scrittore a Riccione. Il secondo omaggio, doveroso, andrà al grande critico Franco Quadri. E poi ci sarà la partecipazione, attiva e performativa dei nostri giurati, ma su questo non anticipo altro.
Jacopo Galavotti